(…) L’immagine fotografica tradizionale, oltre alla stretta corrispondenza fra il soggetto rappresentato e l’impronta o la traccia della “cosa necessariamente reale che è stata posta dinanzi alll’obiettivo,” per usare le parole di Roland Barthes, realizzava anche un peculiare senso del tempo. La fotografia analogica, chimica, fissando per sempre un particolare istante, lo prolungava sino a noi anche se lo allontanava in maniera definitiva e radicale. Il senso del tempo che ne derivava era una solida presenza del passato all’interno del presente, un cristallizzarsi e un oggettivarsi della memoria, una garanzia di convocazione del passato presso il presente. L’immagine digitale sconvolge alla radice tutta questa situazione: essa realizza una “radicale dissonanza ontologica” (1) con l’immagine analogica. Non solo viene meno la garanzia che l’immagine digitale sia una traccia fedele, l’impronta che ha lasciato un soggetto posto davanti all’obbiettivo, dal momento che non sappiamo a quali modificazioni essa sia stata sottoposta, e possiamo sempre addirittura sospettare che essa sia totalmente sintetica e non corrisponda a nessun oggetto fisico, come quei paesaggi e quegli “attori virtuali” che da oltre dieci anni popolano i film realizzati con tecniche digitali. Non solo questo, perché la continua e totale manipolabilità, trasformabilità, dell’immagine in formato digitale la rende particolarmente inadeguata a testimoniare l’irreversibilità del passato. Soprattutto quando una di queste compare in rete, essa è inevitabilmente proiettata verso il futuro, sembra attendere e addirittura richiedere l’intervento che la modificherà, che la trasformerà in qualche cosa d’altro, sempre meno riconoscibile mano a mano che la manipolazione procede. Nell’era del digitale l’immagine non è più icona, prodotto, ma simulacro, processo.
(1) Enrico
Livraghi, “L’illimitata infodatezza dell’immagine digitale. Tesi intorno a un
cinema d’oltre mondo”, in: A. Caronia, E. Livraghi, S. Pezzano (a cura di), L’opera d’arte nell’era della sua producibilità digitale, Mimesis,
Milano 2006.